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ottobre 2015

Food, Il giardino delle delizie

OPA – il primo Balkan Food di Milano

30 Ottobre 2015 • By

Siete già nostalgici del vostro ultimo viaggio in Croazia? Non riuscite a dimenticare i paesaggi e l’atmosfera della Slovenia? Ma soprattutto … avete ancora voglia di una pita bosniaca? Nessun problema. A Milano è nato OPA Balkan Food.

 

OPA – esclamazione diffusa in tutta l’Europa dell’est, la cui traduzione va dal “su!” al “wow!” – è una parola breve, concisa ed entra in testa. È un locale piccolo, che fa cibo d’asporto – seppur munito di tre tavolini per un “boccone e via”- ed è caldo, semplice ed accogliente. Poco pretenzioso e non in tutto al passo con le tendenze del momento, non avrà la tovaglietta firmata, il piattino in cellulosa e la posata di legno ma cerca piuttosto la bontà del prodotto, senza rinunciare alla qualità, pur stando in prezzi nella media accessibili.

 

A Milano lo Street Food si è ormai affermato in tutte le sue sfaccettature …o quasi, perché di locali “di strada” che facessero cucina balcanica ancora non se ne erano visti.

 

L’idea geniale – come afferma con orgoglio la giovanissima proprietaria – è venuta a Valentina Brianza, che un anno fa decide di lanciarsi in questa avventura, per poi aprire OPA ai primi di ottobre.

 

Originaria del Montenegro, Valentina arriva in Italia a due anni, prendendo il suo cognome tipicamente milanese dalla famiglia adottiva. Crescendo matura la curiosità di riscoprire le sue origini e nel 2012 va per la prima volta a visitare parenti biologici e amici in Serbia, iniziando un lungo percorso personale ricco di emozioni, incontri, viaggi e racconti. In meno di un anno impara il serbo, indispensabile per comunicare con i famigliari e da tre anni si Valentina si reca regolarmente in Montenegro, Bosnia, Croazia e Slovenia. In omaggio alle sue terre d’origine, Valentina decide di aprire un locale a Milano che proponesse cucina balcanica. Di più. Valentina ha voluto dare ai chi come lei, originaria dei Balcani, ma di fatto milanese, fosse nostalgico di quei sapori e desideroso di un posticino caldo, accogliente, in cui gustare una buona porzione di burek, o portarne a casa 4 e condividere una cena etnica con gli amici. L’obiettivo di Valentina è stato anche quello di dar vita a un locale in cui ritrovare un prodotto assaggiato in “quella vacanza in Croazia tempo fa”, o quelle cose che “ogni volta che vado in Croazia ne mangio un sacco”, un luogo di ricordi, racconti, viaggi e sapori autentici.  Così nasce OPA Balkan Food.

 

Ed eccoci finalmente ai piatti.

 

Il menù propone cibi semplici e popolarissimi in tutti i territori dei Balcani nord-occidentali, come le pite bosniache che – a differenza di quelle greche – sono torte salate o dolci, senza lievito. L’impasto molto sottile viene arrotolato su una striscia di ripieno (di carne, di verdure o di frutta) e disposto a spirale sulla teglia. Quella più popolare in Bosnia è il burek, pita ripiena di carne bovina insaporita con cipolla, aglio, un pizzico di pepe e sale. Insalatine o insalatone, come la greca, la bulgara (shopska) e la serba (srpska).

Non poteva mancare il caffè alla turca, quello che se non si aspetta qualche minuto si beve tutta la polvere non depositata.

La sera è possibile fare anche un piccolo aperitivo: assieme alla bevanda – va per la maggiore la birra Laško – viene servito un piattino con formaggi misti, affettati balcanici e la vera protagonista: la salsa “ajvar”, di marchio OPA, a base di peperoni grigliati.

 

Luogo ideale per una pausa pranzo veloce, per un aperitivo con un’amica, per una cena pre o post cinema, ma anche per soddisfare le fami notturne!

 

Lucia Lanzini

OPA Balkan Food
Viale Bligny 43, Milano
3382940315
Valebrio86@hotmail.it
www.opabalkanfood.it

 

Lunedì-giovedì: 12.00 – 15.00
19.00 – 23.00
Venerdì: 12.00 – 15.00
19.00 – 01.00
Sabato: 19.00 – 01.30
Chiuso la domenica

 


Food, Il giardino delle delizie

Amuse Bouche: di francesini e altre malizie

29 Ottobre 2015 • By

L’atmosfera nostalgica francese mescolata a colori industriali e materiali decisi.Una piccola bottega dal sapore del tempo che fu, un laboratorio di idee sfiziose. Tutto questo è Amuse Bouche: di francesini e altre malizie.

Lo trovate al civico 13/a di via Savona, a Milano, a pochi passi dall’hamburgeria HamBistrot e dall’okonomiyaki street food giapponese di Maido.

Amuse Bouche in francese significa “divertimento per la bocca” e racchiude un concetto geniale nella sua semplicità ma tutt’altro che facile da realizzare: francesini da 30 grammi l’uno da mixare tra loro per solleticare il palato e riceverne una esperienza sensoriale completa. Da gustare in pochi bocconi, accompagnati da ingredienti gustosi e di alta qualità, sono irresistibili spuntini da mangiare uno dietro l’altro.

Accanto ai mini francesini trovate anche un’offerta di piccoli piatti, sempre in ottica assaggio, pensata per chi non cede alla tentazione dei carboidrati ed una golosa proposta di dolci, tutti da assaggiare.

Oltre alla qualità del pane e alla ricerca di abbinamenti raffinati e sfiziosi, il locale si distingue, appunto, per l’originalità dei nomi dei francesini, che rimandano ironicamente alla Francia, attraverso storpiature o giochi di parole in cui gli ingredienti che compongono i panini sono i protagonisti. Chapeau alla copy Morena Rossi!

Non lasciatevi sfuggire, tra gli altri, il “Decolleté”, a base di speck, primo sale, crema di pere caramellate -davvero eccezionale-. Da assaggiare pure il delizioso “Ne me quitte pas”, con crema di gorgonzola, pere caramellate, trevisana e noci, accompagnato magari dalla birra artigianale ‘Na Biretta”, una birra bionda biologica, ispirata alle Lager tedesche.

Se avete voglia di fare una scorpacciata di panini -che singolarmente costano dai 3 ai 5,50 €- è stata pensata una particolare “combo-degustazione”, grazie al vassoio di condivisione da 6, 12 o 24 pezzi.

Amuse Bouche è l’ideale per una pausa veloce, un pranzetto easy, un aperitivo sfizioso e una cenetta da farsi consegnare a casa. Ha solamente un difetto: si sa, un francesino tira l’altro.

 

Amuse Bouche: di francesini e altre malizie
Via Savona, 13/A
Milano 20144
www.amuse-bouche-.it
Fb/ Amuse Bouche
info@seguilabocca.it

 


Dinner, Food, Il giardino delle delizie

Nebbie di Alghero – Halloween con delitto da Sardò

27 Ottobre 2015 • By

Una cena diversa dal solito con un delitto da risolvere, un’occasione di diventare investigatore per una sera. Sardò diventa lo scenario suggestivo per una cena indimenticabile e un Halloween fuori dall’ordinario. Un’atmosfera surreale e imperscrutabile, accompagnata da un menù dai tipici sapori sardi.

Nebbie di Alghero
La presenza costante del mare. Con il suo mistero, tra segreti inconfessabili che tornano dal passato, intrighi, ambizioni, delusioni e speranze.
Un giorno d’autunno. Il comandante di Porto Conte, sparito da alcuni giorni, ricompare senza memoria. Un ricco commerciante è stato ucciso. Il fratello torna, dopo moltissimi anni, per il funerale. La moglie del morto lo accoglie con turbamento. La domestica del comandante del porto nasconde qualcosa. Un misterioso figlio cresciuto chiamando padre l’uomo sbagliato. Cosa lega tutti i personaggi? Riusciranno gli investigatori a consegnare un assassino all’umana giustizia?

Cos’è una cena con delitto?
La Cena con delitto è un gioco teatrale interattivo, una via di mezzo tra un gioco di ruolo dove i giocatori fanno parte di una squadra e non assumono un’altra identità- e uno spettacolo teatrale dove gli spettatori sono i veri protagonisti della vicenda.
Tra una portata e l’altra, i commensali scoprono di essere chiamati a ricoprire il vero e proprio ruolo di investigatori: divisi in squadre e affiancati da un gruppo di attori professionisti che interpretano tutti i ruoli necessari a mandare avanti la storia, avranno il compito di risolvere un intricato giallo. Attraverso l’analisi degli indizi, la consultazione delle prove e l’interrogatorio dei testimoni (ma stando ben attenti che i testimoni possono mentire e gli indizi essere depistaggi!) sono chiamati a scoprire chi è l’assassino e perché ha commesso il crimine.
E davvero sono gli spettatori a dare la risposta finale: il primo gruppo di investigatori che dà la risposta esatta scoprendo assassino e movente vince il gioco!

Come funziona una cena con delitto?
Nella Cena con Delitto i partecipanti divisi in squadre -ogni tavolo da 8/12 persone è una squadra- diventano squadre investigatori e si trovano alle prese con un misterioso giallo. Per risolverlo possono: ascoltare i racconti dei testimoni; consultare gli indizi materiali che vengono man mano presentati; interrogare i testimoni -chiamandoli al loro tavolo e rivolgendo loro due domande per ogni turno di gioco.
Vince la squadra/tavolo che per prima scopre assassino e movente.
La cena con delitto è divisa in tre parti scandite dalle portate:
1. prima del primo introduzione del gioco presentazione della scena del crimine e dei testimoni e racconto dei testimoni;
2. tra il primo e il secondo consultazione degli indizi e interrogatori dei testimoni;
3. Il dolce chiude in festa il gioco.
Non mancheranno sorprese per la squadra vincitrice.

Per la serata Sardò ha pensato ad un menù ad hoc a base di specialità sarde, luogo in cui si svolge il delitto.

Antipasto
Mini Cheesecake salato con ricotta di capre e dadolata di verdure
Primo
Degustazione di Culurgiones
Secondo
Porcetto con patate arrosto al profumo di Mirto
Dolce
Gelato artigianale Sardò
Bottiglia di vino Cannonau ogni quattro persone
Coperto, acqua, caffè, mirto

Studio Novecento è un’associazione culturale e di formazione con sede a Milano fondata da Marco Maria Pernich e dagli allora giovani attori della sua scuola di teatro.
E’ molto attiva in tutta la Provincia di Milano e inserita in una rete europea di incontri e scambi.
STN-Studionovecento è una piccola società, un piccolo Teatro, ma ha la forza della idee, l’energia della passione, il coraggio di rischiare, una fede incrollabile in quello che fa e il senso che in un momento di enormi trasformazioni mondiali non esenti da pericoli è necessario che ognuno faccia ciò che può per contribuire a costruire il mondo di domani.

Sardò Sardinian Street Food
Dall’incontro di due giovani sardi, Andrea e Vincenzo, una milanese che sembra sarda, Chiara, e un milanese che ama la Sardegna, Aldo, nasce Sardò: il primo Street Food Sardo italiano.
Il porceddu, il pane carasau, le casadinas, il mirto, il pecorino, la mustela sono prodotti dal sapore deciso e inimitabile, che sapientemente abbinati danno vita ad un cibo da strada contemporaneo e di alta qualità.
Da Sardò Andrea e Vincenzo, col prezioso aiuto di Severino, Nicole e Pauline, accolgono i clienti col calore della loro terra e preparano ogni specialità con attenzione al minimo dettaglio.

Info:
Sabato 31 ottobre, alle ore 20.30.
Via Verziere 3 (l.go Augusto)
Costo 45,00 €
In collaborazione con Associazione Studio Novecento
Solo su prenotazione
info@sardostreetfood.com
Sardò Sardinian Street Food
02 36638630
www.sardostreetfood.com
info@sardostreetfood.com
Fb/Sardò


Food, Il giardino delle delizie

85esima Fiera internazionale del Tartufo Bianco di Alba

16 Ottobre 2015 • By

La “Fiera internazionale del Tartufo bianco di Alba” nasce nel 1929. La più importante manifestazione dedicata a questo prodotto e sogno proibito e causa di esaltazione e di follia dei buongustai.

 

Di tartufi ne esistono moltissime specie, ma il tartufo bianco rinvenibile nelle Langhe e nel Monferrato e in poche altre aree italiane, rappresenta la specie più pregiata e quella che può raggiungere le dimensioni maggiori.

La sua esistenza è nota da sempre: i faraoni egizi lo servivano nei loro sontuosi banchetti e i sumeri ne mangiavano abitualmente. Era conosciuto nell’antica Arabia, nell’impero babilonese e nella Persia di Alessandro Magno.
Nel Settecento era considerato presso tutte le corti europee una autentica prelibatezza. Stiamo parlando del tartufo bianco, ossia la varietà di tartufo più rara e pregiata.
Gioacchino Rossini lo definiva “il Mozart dei funghi” perché il tartufo, in realtà, è un fungo “ipogeo”, cioè cresce spontaneamente sotto terra, accanto alle radici di alcuni alberi – soprattutto lecci e querce.
Le principali aree di produzione del tartufo bianco in Italia sono il Piemonte, la Lombardia meridionale, l’Emilia Romagna, le Marche, il Molise e l’Abruzzo.

Proprio in Piemonte esiste una tipica varietà di questo prodotto definita Tartufo bianco d’Alba (il nome scientifico è Tuber magnatum Pico) che nel ‘900 ha acquistato fama mondiale grazie alla geniale opera di promozione svolta da Giacomo Morra, albergatore e ristoratore di Alba, giustamente “incoronato” Re dei Tartufi già nel 1933 dal Times di Londra.

 

Il tartufo è uno dei prodotti più ghiotti della gastronomia e continua ad attrarre mezzo milione di turisti. Il valore del tartufo non sta nel suo apporto alimentare, ma nella sua enorme capacità di produrre piacere nel fruitore.

 

Nel capoluogo delle Langhe fino al 15 Novembre è in corso l’85ª edizione della Fiera internazionale del Tartufo bianco d’Alba. Con il passare dei decenni, legandosi sempre più ai prodotti tipici locali ed in particolar modo ai vini, ha saputo rinnovarsi grazie alla sua internazionalità. Questo, infatti, è il segreto del suo fascino: rimanere legato al territorio attraversando i confini del Paese.

 

Ogni anno, infatti, oltre allo spazio dedicato ai tartufi vengono proposte alcune novità. In questa edizione, ad esempio, sono stati inseriti sette mostre d’arte (tra cui una di Kiki Smith) e un festival dedicato alla poesia. Non mancano, inoltre, i tradizionali appuntamenti con i borghi cittadini oltre agli show cooking e foodies moment.

 

Il cuore della Fiera rimane il Mercato Mondiale del Tartufo, che racchiude in un’unica struttura cercatori e commercianti. Qui potete visitare gli stand della Rassegna enogastronomica AlbaQualità. Protagonisti sono i vini del territorio di Langhe e Roero, le raffinatezze della pasticceria artigianale, i formaggi, le paste all’uovo, i salumi e i grandi vini pregiati che hanno reso internazionale il nostro territorio.

 

Lucia Lanzini

 

Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba
Dal 10 ottobre al 15 novembre 2015
Alba
http://www.fieradeltartufo.org/2015/it/

 

 


Cultura, Dinner, Food, Happy hour, Il giardino delle delizie, Musica e libri, SvelArte

Cinthya Collu da Sardò per la rassegna “Libri in piazza”

13 Ottobre 2015 • By

Secondo appuntamento con “LibrInPiazza”, la rassegna di incontri con gli autori firmata Sardò. Il 20 ottobre, a partire dalle 18.30, la piazza di Sardò ospiterà la scrittrice Cynthia Collu e il suo secondo romanzo, “Sono io che l’ho voluto“, edito da Mondadori.

In una confronto con la giornalista Mariella Cortes, l’autrice racconterà una storia di violenza familiare, indagando il difficile tema del femminicidio. Oggi si parla tanto di femminicidio, dimenticando spesso che è solo la punta dell’iceberg del problema. In questo romanzo viene affrontata soprattutto la violenza sommersa, quella psicologica, non visibile, che coinvolge famiglie di qualsiasi ceto sociale, ancor più pericolosa in quanto scorre nascosta agli sguardi degli altri.
Con parole “tenerissime e angosciose”, come quelle usate per il romanzo d’esordio della scrittrice, “Una bambina sbagliata“, Cynthia Collu racconterà agli ospiti della serata un tema delicato attraverso la raffinata arte della narrazione.

A partire dalle 18.30. i partecipanti potranno gustare l’aperitivo Sardò con i suoi cocktails a tema al prezzo speciale di 5 euro. Dopo la presentazione del libro, sarà possibile, su prenotazione, scoprire il mondo del primo Sardinian Street Food con una speciale cena: un menù degustazione al costo di 15 euro a persona.

L’autrice

Cynthia Collu nasce e cresce a Milano, dove vive e lavora tuttora. Ha insegnato lingue presso un Istituto Professionale. Artista a tutto tondo, ha frequentato l’Accademia serale di Brera, la scuola di scrittura Bachmann e seguito corsi di teatro.

Nel 2007, Collu si aggiudica il Premio Arturo Loria nella sezione inediti, con l’opera Un tappo nelle nuvole, e nel 2008, il Premio letterario Castelfiorentino, nella sezione inediti, con l’opera ”Su Biccu/L’angolo”. Esordisce nel 2009, con il romanzo Una bambina sbagliata, per Mondadori. Il romanzo si aggiudica il Premio Berto come migliore opera prima dell’anno. Nel 2010, è la volta del racconto lungo La guerra di Beba, secondo classificato nel Premio Elsa Morante sezione inediti, VII edizione, edito da Senzapatria Editore, che racconta la storia di una donna e di una gatta dispettosa, che sembrerebbe complottare per allontanarla dal suo uomo. Nel 2015, sempre per Mondadori, esce il suo secondo romanzo, Sono io che l’ho voluto.

Sinapsi del romanzo

“Se è vero che ogni famiglia infelice lo è a suo modo, quella di Miriam e Sebastiano appare dal di fuori normalmente infelice: tra loro qualche discussione, la frustrazione di fondo per una modesta vita borghese, a volte liti furiose seguite da silenzi devastanti (quanto possano essere devastanti i silenzi, Miriam lo impara presto a sue spese); poi, finalmente, la sospirata riappacificazione. Sebastiano la porta fuori a cena, le regala un oggetto desiderato o un viaggio all’estero. A Miriam questo basta per andare avanti senza porsi domande. Ma a poco a poco la vera natura di Sebastiano viene a galla; se Miriam lo contraddice e cerca di farsi valere, lui risponde ignorandola, si dimentica ostile della sua esistenza fino a che lei sente la propria volontà assottigliarsi e cede, scusandosi. Ai silenzi subentrano ben presto le parolacce, le offese, i pugni gonfi di lui che minacciano, che fanno paura, l’umiliazione di un possibile tradimento. Miriam subisce e perdona perché si sente colpevole: in fin dei conti è Sebastiano che la mantiene, che l’ha preferita a sua sorella Sara – l’eterna rivale – è lui che l’ha resa madre.

Ma quando resta sola col piccolo Teodoro e deve lottare contro il cumulo delle incombenze quotidiane e soprattutto contro il sonno che la tortura per le notti perse a causa del bambino, ecco che i suoi fantasmi ritornano, tormentandola e facendola sentire ancora una volta colpevole e non all’altezza. Fino a quando un avvenimento imprevisto la aiuterà a risalire dagli Inferi e a riscattarsi.”

Cynthia Collu scrive pagine “tenerissime a angosciose”, in cui la speranza si annida nascosta nelle pieghe della voce di una donna che non si arrende all’onda dei propri pensieri distruttivi, svalutanti e umilianti. Questo romanzo mette in luce con straordinaria forza la “normalità” della violenza familiare, quella più sottile e strisciante, che confina donne di ogni ceto sociale e luogo del mondo in una subalternità vischiosa e terribile. Miriam potrà risalire dal suo inconfessabile inferno solo quando riuscirà a guardarsi con occhi nuovi, a ritrovare l’autostima che – come lei – tante hanno smarrito: ad ammettere che avere voluto la felicità e la vita non è una colpa, ma la più grande e potente risorsa femminile.

Chiara Zanetti

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